CIBO
Friggitrice ad aria
Ci ho messo un po’ a capirla. Inizialmente faceva la preziosa, i risultati li lasciava desiderare. Io probabilmente ho sbagliato approccio, tentando per esempio di far diventare morbide delle patate dolci a pasta bianca, già piuttosto coriacee anche quando cotte al forno, senza nessun tipo di precottura, semplicemente schiaffandole dentro così a crudo, con solo un goccio d’olio. Ho capito che ad Aria non piace la prepotenza ed è meglio andarci delicati. Quando gliele ho proposte passate prima al vapore, è stata più contenta. Con la zucca ho provato direttamente così, con una cottura preventiva, onde evitare di farla stizzire e il risultato è stato soddisfacente, ma è innegabile lo sbattimento di dover accendere prima il forno (perchè non provatevi a mettere la zucca a cuocere a vapore): tra ninnoli e nannoli (i Toscani mi capiranno), non si mangia prima di un’ora. Più veloce è invece la cottura di alimenti come pesce in filetto o, udite udite, tortini. Sì, ho provato a farla addolcire con dei dolcetti ed Aria ha ceduto. Ne è uscita fuori una mugcake di tutto rispetto in solo una ventina di minuti, e per chi non ha il microonde direi che in confronto all’accensione del forno grande per una tazza è tutto di guadagnato. Ottimo risultato anche con le patate a fette (nel mio caso surgelate): croccanti ed uniformi con solo un cucchiaino di olio, da provare assolutamente anche i bastoncini. Continuerò a sperimentare e a mettervi al corrente dei risultati, ma per concludere con tutta onestà e fuor di metafora vi direi che se avete solo un microonde è una valida alternativa al fornetto elettrico (ma per alcuni alimenti dovrete comunque usare il microonde prima), se non avete il microonde è una valida alternativa per tortini & co. (ma per alcuni alimenti dovrete comunque usare il forno prima). A voi la scelta.
(Io l’ho presa in offerta a Kasanova a 39.90€)
Cioccolato: al caramello e sale Lindt & all’amaretto Vanini
Non ho provato tanti prodotti nuovi negli ultimi due mesi e la maggior parte di quelli che ho assaggiato o non mi sono piaciuti (vedi sotto) o mi hanno lasciata indifferente. Tra quelli che ho apprezzato, due nuovi tipi di tavolette anche piuttosto distanti da quelle che acquisto di solito. Generalmente infatti vado sul classico, un buon fondente con alta gradazione di cacao o un gianduia con le nocciole per togliere le voglie, quello al 50-60% senza zucchero per fare i dolci: non mi smuovo mai troppo lontano da queste scelte perchè ho sempre paura di trovare cioccolato troppo dolce o con sapori che stonano. Su questo mi ritengo molto purista: non mi piacciono le barrette di cioccolato all’arancia, alla menta (bestemmia!), coi pezzetti di frutti rossi, con la banana (ma che davero??) e potrei andare ancora avanti. Questo mi porta automaticamente a escludere gran parte delle tavolette lindt (compreso il fondente 90%, che non lascia via di salvezza a un cioccolato che si rivela non della miglior qualità).
Discorso diverso se si parla di cioccolato e frutta secca, biscotto, caramello…
Cristalli di caramello e sale è infatti quella che mi ha conquistata: croccanti pezzetti di zucchero caramellato che scricchiolano sotto i denti e la presenza del sale che attutisce la dolcezza, rendendola al mio palato piacevolmente zuccherina e niente affatto stucchevole.
La seconda è invece quella con biscotti al gusto amaretto (e NON amaretti veri e propri, in modo da renderlo un cioccolato adatto anche ai vegani) di Vanini, le cui tavolette sono realizzate con un cacao proveniente da commercio equo solidale. Personalmente il sentore persistente di mandorla unito al fondente mi ha fatto impazzire!
Avete altre tavolette particolari da consigliare?? Fatevi avanti!
Bocciati:
Burro d’arachidi Smooth MAX
Ahi, che delusione! Penso che questo sia l’unico burro d’arachidi che ho in casa da quasi un mese ed è ancora a metà nonostante l’abbia anche usato per fare delle ricette. Sembra non arrivare mai al fondo. Ne avevo preso in passato la versione crunchy e non ricordavo mi avesse fatto inorridire così tanto, anzi, sono sicura che ai tempi lo avessi promosso. Non so se sia stato un errore mio di valutazione o se cambi in effetti qualcosa tra le due versione ma credetemi, questo è un insulto al burro d’arachidi. Troppo salato, consistenza artificialmente cremosa data dalla presenza degli emulsionanti (che ho notato solo dopo averlo acquistato) che rende anche complicato diluirlo o ammorbidirlo. NO NO e NO senza sconti di pena.
Burro d’arachidi Natoo
Mesi difficili insomma questi sul fronte burri di noccioline. Anche questo mi ha spezzato il cuore. La consistenza si presenta marmorea, impossibile amalgamare il fondo duro con l’olio in superficie senza slogarsi un polso. Anche il sapore lascia a desiderare: le arachidi sono percettibilmente poco tostate e questo oltre a creare visibli problemi sul fronte texture lascia anche un sapore di crudo.
Biscotto proteico Protomax Ciao Carb
Di cibi proteici poco gustosi o con gusto troppo chimico ne ho mangiati, ma di trovarmi ad avere a che fare con un biscotto che sa di salamino, quello mai. Ho supposto che il sapore d’insaccato sia dato dalla presenza di glutine di frumento per aumentare il valore proteico però ecco, esistono altri ingredienti che si possono usare per ottenere un prodotto proteico senza che sappia di salame o affettato di mopur. Provato in due versioni, con pezzi di albicocca e alla nocciola, cercato di sistemare glassandolo col cioccolato ma non ce n’è. Buttato entrambe le volte.
RISTORANTI & CO.
Nel menù di stagione, panini! Mi sono resa conto che se c’una cosa che mi da grande soddisfazione mangiare sono proprio i prodotti della panificazione, con le più diverse forme, farine e farciti in modi sempre nuovi, tanto meglio se insoliti. Che sia una focaccia o un hamburger, amo riempirmi la bocca con tanta sostanza. Questo mese ne ho provati due, entrambi in trasferta, che mi sono piaciuti molto, anche per la loro filosofia.
ScomPOSTO, Livorno
Era solo Ottobre e invece passato un secolo dalla mia gita a Livorno, quando ancora faceva caldo e la ricerca di un posto aperto per pranzo la domenica era resa ancora più faticosa dal sole di mezzogiorno. Come un miraggio si materializza sulla riva di una delle fosse Livornesi alla nostra sinistra un localizzo la cui insegna già ci garba. Googliamo velocemente che c’è da mangiare, leggiamo che fanno schiacciate, top, tutti d’accordo. Il posto è fico, un arredamento che definirei senza nessun titolo “rustico-moderno”, che ti lascia intendere che non è un locale storico ma che c’è dell’attaccamento al territorio. I prodotti utilizzati sono infatti per lo più regionali e di stagione. E ci garba ancora di più. La schiacciata la fanno anche senza glutine, non mancano le proposte vegan, le farciture si possono personalizzare aggiungendo e togliendo, quindi sì, direi che rustico-moderno si addice. Due possibilità: la composta, a 5€, che si presenta esattamente come una focaccia imbottita, o la scomposta, 7€, – così il nome del locale prende senso- che consiste in tutti gli ingredienti che la compongono adagiati su un tagliere. Io ho preso la Francesca, con carpaccio di spada al lime e stracciatella al posto del gorgonzola. Mi è piaciuta molto anche la schiacciata, morbida dentro e non di quelle che ti lacerano il palato che a Firenze sembrano andare molto di moda e creare file infinite. Se capitate a Livorno vi suggerisco di farci un salto.
HAT – Hamburgeria Agricola Toscana, Pisa
Altra trasferta, altra ricerca di un posto che ci nutra ardua, non senza essere passati attraverso una lunga serie di rifiuti. Ma certo è il 31 di Ottobre, non potevamo aspettarci che tenessero da parte un tavolo per noi. Anche HAT e pieno mi ci viene detto che in una mezz’oretta si libererà qualche tavolo quindi decidiamo di aspettare fuori e intanto mi prendo una birretta. La selezione di birre è già di per sé molto interessante, sia quelle alla spina che in bottiglia sono tutte Toscane, quindi no, non troverete Heineken o Beck’s qui. Anche la scelta delle materie prime segue rigorosamente criteri territoriali: la carne, bovina e suina proviene dalla provincia Pisana e molti dei formaggi sono biologici, per i vegetariani propongono un Burger di verdure e legumi autoprodotto. Con mio leggero dispiacere non mi hanno permesso di prendere l’edizione limitata a tema Halloween facendomi sostituire l’hamburger di carne con quello veg, costringendomi a cambiare scelta. Alla fine, come al solito, ho fatto un po’ a modo mio, facendomi mettere quello al posto di quell’altro e rivoluzionando il panino ma me ne sono uscita con un dignitoso scamorza, uovo, pomodoro arrostito, rucola e una salsa di yogurt e cetrioli che però ho dovuto togliere perchè in verità non amo il cetriolo e trovavo stonasse. Ho accompagnato il tutto con delle patate arrosto e una Oimmena del Piccolo Birrificio Clandestino leggera e fruttata. Pane fragrante in superficie e briosciato dentro come un buon bun dovrebbe essere, farcito con un’adeguata proporzione tra salse, patty e i vari extra.
INTRATTENIMENTO
Un genere di abbecedario
Un libro nato da un progetto di tesi di tre brillanti e coraggiose donne che, animate dal bisogno di avere delle parole per parlare di percorsi di rinascita, hanno deciso di inventare 21 nuovi termini, uno per ogni “strappo emotivo” femminile. Questa necessità ha origine da un’ingiustizia linguistica, quella di non avere a disposizione dei vocaboli che raccontassero il superamento di una sofferenza, il trionfo su una malattia, un abuso, una perdita, ciò che c’è dopo il dolore, senza dover obbligatoriamente farne di nuovo menzione. Una donna che ha subito violenza sessuale non è più una donna stuprata ma è Arvente, una donna che ha sofferto di anoressia non è più una ex-anoressica ma è Zefirante. Ogni parola è accompagnata da un racconto, ispirato a storie realmente accadute. Sarà impossibile non ritrovare un po’ di sé o di persone a noi vicine in almeno una delle narrazioni, così come sarà impossibile non provare un brivido lungo la schiena immedesimandosi nel viaggio di queste 21 donne.
Il libro non è ancora acquistabile nelle librerie ma se siete di Firenze e dintorni potete (dovete!) trovare il libro in vendita durante le presentazioni oppure ordinarlo direttamente a una delle autrici: se foste interessati, mi offro ufficialmente come tramite.
American Horror Story 9
Trama da film horror forse un po’ cliché, solito gruppo di ragazzi del college che decidono di passare l’estate facendo da animatori in un campeggio, riaperto dopo 14 anni a seguito di un massacro ad opera del serial killer soprannominato Mr. Jingle, rinchiuso da allora in manicomio. Il passato di cui Camp Redwood è intriso ovviamente non fa presagire niente di buono per il gruppo di counselor, tanto che alla loro decisione di accettare l’incarico non è improbabile ritrovarsi a urlare “nooo non andateeee” come se potessero sentirti (ogni riferimento a me medesima non è affatto casuale). Ho letto recensioni abbastanza distruttive, per quanto mi riguarda, invece, è una delle stagioni che guardato più volentieri (ma ammetto di non averle viste tutte: mi mancano la 3, la 4, e la penultima) per due motivi: 1) è oggettivamente più leggera e godibile rispetto ad altre, sia a livello di trama che di riprese: mi viene in mente in particolare Roanoake che ho fatto veramente fatica a guardare in certi momenti tanto è stata cruenta, o Hotel che consisteva sostanzialmente in un costante sfoggio di perversioni. Ma qua ammetto che intervenga la -soggettiva- suscettibilità del singolo. 2) alcune stagioni non sono riuscite a svilupparsi organicamente: partite con il botto, dalla metà in poi hanno perso di ritmo e talvolta, anche un po’ di senso, sembrando quasi ricominciare ex novo. Anche in 1984 si assiste a un salto temporale, ma mantenendo continuità e coerenza col passato. Impressioni da profana e non convinzioni, quindi resto totalmente aperta al confronto.
Baby 2
Ed eccomi arrivare con questa clamorosa caduta di stile e abbassamento di livello, con possibile perdita di considerazione annessa. Non ho mai fatto mistero, tuttavia, di gradire piccole dosi di trash e abbandonarmi a un po’ di sana bimbominkiaggine di tanto in tanto: non superficialità, ma voglia di leggerezza. In qualità di shipper ormai navigata, il teen drama è decisamente il genere che soddisfa il mio lato fangirl: non lo renderei mai categoria esclusiva nella mia -infinita- lista di telefilm da vedere ma mi piace riservargli il giusto spazio. Di fatto, credo che quando si finisce divedere un episodio e si fa fatica a chiudere tutto perchè si vorrebbe immediatamente vedere il successivo, qualcosa di riuscito ci sia. E a me questo, con la seconda stagione di Baby, è successo. La recitazione delle attrici protagoniste resta mediocre, il filone di trama riguardante la loro “professione” non ha grandi sviluppi ma si allargano e si evolvono invece le storylines dei personaggi minori: non posso non pensare a Brando che, poco considerato per tutto il corso della prima stagione, si guadagna a pieno titolo l’onore di diventare il mio personaggio preferito (nonché il più interessante di tutta la serie). Qualche scelta narrativa scontata, qualche altra, che invece, mi ha sorpreso (di nuovo, senza scendere nei particolari, l’accordo tra Brando e Chiara, o il plot twist nella storia dello stalker di Ludo). Niente di particolarmente originale, ma una visione piacevole tra le 23 e mezzanotte.