Come ormai tutti ben saprete, a inizio del mese di Dicembre ho trascorso dieci giorni a Milano per un corso di Italian Food Academy , dieci giorni in cui mi sono immersa completamente nella frenesia milanese e cercato di (cominciare a) far miei certi ritmi: alle 8.30 già schiacciata come una sardina in vagoni straripanti di metropolitana, troppi volti già visti a troppi pochi minuti dalla sveglia, più di 12 ore fuori casa… quanto di più lontano dallo stile di vita di una povera ragazza di campagna che ogni mattina si sveglia in mezzo al nulla delle boscaglie Imprunetina e non parla con anima di viva per minimo 4 ore dal momento in cui si alza da letto. Per rendere tutto un po’ più frizzantino ho pensato bene di cambiare tre case in dieci giorni in modo da non gravare troppo sulle buon anime che si sono rese disponibili a condividere con me il proprio nido, e per lo stesso motivo, ho scelto anche di mangiare fuori il più delle volte (o, al massimo, di provare l’ebbrezza di ordinare su Just Eat, cosa che non avevo mai potuto fare perchè non ci arrivano neanche i fattorini, qua).
Dieci giorni e dieci pranzi fuori, quindi, con pure qualche cena. Con queste prospettive, potete solo immaginare con che lista di ristoranti sia partita. Almeno il doppio.
Per cause di forza maggiore non ho potuto mettere una spunta su tutti quelli che avrei voluto, un po’ perchè per pranzo dovevo cavarmela in un’ora e non potevo allontanarmi troppo dalla sede del corso, un po’ perchè a volte mi è toccato rinunciare a fare l’asociale per aggregarmi al gruppo, un po’ perchè purtroppo anche il mio stomaco ha dei limiti e non potevo fare quattro pasti principali al giorno (già, che delusione). La maggior parte dei posti che vedrete recensiti si trovano quindi in zona Missori/Duomo, che comunque non offriva certo poca scelta.
Li ho suddivisi per appartenenza a stili di cucina e di rimando, anche un po’ per fasce di prezzo.
Il resto della lista è ancora lì, che non aspetta altro che nuove voci vengano spuntate e altre aggiunte, presto.
Update: dato che la mia prontezza nel portare a termine gli articoli è pari a quella di un bradipo zoppo, nel mentre che l’ho cominciato a scrivere hanno fatto in tempo a cambiare un po’ di cose. Mi sono infatti trasferita a Milano, mi piacerebbe dire definitivamente, ma ancora non so se sarà così. Ma di questo, magari, ne parliamo un’altra volta.
Pokè and healthy bowls
Il primo dei ristoranti provati per il primissimo pranzo. Scelta molto dettata dal fatto che, detto proprio fuori dai denti, fosse il primo locale in cui siamo imbattute appena uscite dall’edificio che ospitava il corso, in Via Albricci. Il locale è ampio, colorato e moderno, si capisce che è un concept recente creato per allinearsi alla tendenza delle pokè bowls pur cercando di accontentare una clientela un po’ più tradizionalista, come la presenza della pizza e degli hamburger in carta dimostra. Ci siamo tornate, in gruppo, due volte. La prima volta ho optato per una bowl a base di tartare di tonno, riso vialone nano, cavolo rosso, avocado e stracciatella nella versione piccola per la bellezza di 13€. Se non fossi stata poco affamata come eccezionalmente ero, probabilmente non mi sarei saziata. La ciotolina, infatti, come si può notare dalla foto, era davvero di piccole dimensioni. Per quella che invece sarebbe stata considerabile una media per qualsiasi pokeria, il prezzo era di 19€. Mica ciufoli per un po’ riso e una cucchiaiata di pesce. La volta successiva mi sono orientata su un filetto di salmone con panatura mediterranea, pinoli, uvetta e verdure al forno. Sono onesta, il piatto risultava gradevole per via del condimento saporito, ma il trancio di pesce non spiccava né per gusto né per tenerezza della carne, e quello assaggiato da Gong la sera stessa per la cena di fine corso ha confermato l’impressione. Non ho provato direttamente la pizza ma chi ha voluto rischiarla ne è rimasto deluso: l’impasto sembrava infatti non lievitato e non cotto. Non eccezionali neanche i pancakes, provati una mattina per la colazione prima di entrare a lezione. La crema al cioccolato con cui mi sono stati serviti (dietro mia scelta, intendiamoci) altro non era che una dolcissima nocciolata industriale, che tanto ricordava la celebre spalmabile Ferrero. La carta è varia e allettante, il locale è carino e il servizio cordiale ma per quelli che sono i prezzi forse anche la qualità delle pietanze non dovrebbe essere trascurata. Peccato.
Responso: 🙁
Anche da Ecooking ho fatto tappa due volte, la prima per pranzo e la seconda, essendo anche questo molto vicino alla sede del corso, per la colazione. Nel primo caso ho optato per un primo piatto, gli spaghetti alla chitarra con pomodorini, olive e ricciola con polvere di limone. La pasta è fresca fatta in casa, il sugo è ricco e gustoso, i sapori equilibrati con quel limone che non disturba, pur non essendone io amante l’ho trovato davvero azzeccato. La seconda volta sono invece rimasta un po’ delusa dalla mia bowl della colazione, una ciotola a base di yogurt, mandorle, cioccolato, banane, cocco in cui con mio grande rammarico i frutti erano entrambi…disidratati. Già. Vuoi mettere la difficoltà di reperire delle banane fresche? Mica facile in centro a Milano! La quantità di toppings era anche abbastanza squilibrata rispetto a quella di yogurt, molto minore. Tutto sommato ci tornerei a provare un altro primo o uno dei loro hamburger, ma non per il primo pasto della giornata.
Responso: 🙂
Un baretto con diverse sedi dislocate per la città che offre colazioni e pranzi “healthy”, come li definiscono loro stessi (io sono stata in quella di Porta Romana). Ho fatto un salto al volo per la colazione, quindi non posso pronunciarmi sull’offerta salata, che dal sito sembra essere discretamente macro & intolleranze – friendly. Per quel che ho provato, uno spuntino come avrei potuto fare a casa: la mia colazione è stata una semplice tazza di yogurt con frutta (con mio grande dispiacere la scelta era tra kiwi e ananas, probabilmente tra i frutti che mi piacciono di meno) e granola, sicuramente non fatta in casa, ma che perlomeno non aveva un prezzo eccessivamente pretenzioso era personalizzabile e se ne poteva decidere la dimensione. Sono presenti all’interno del locale diversi prodotti da poter acquistare, in particolare dedicati a una dieta priva di glutine e una buona varietà di biscotti e brioche, anche farcibili a proprio piacimento. Nota di merito: il barista napoletano molto amichevole 😉
Responso: 🙂
Una pokeria che ha ormai aperto molte sedi sia a Milano che in alcune altre città di Italia (io ci ho mangiato infatti anche a Firenze, dove se ne trovano due). La standardizzazione tipica delle catene garantisce di poter trovare la stessa offerta e le stesse modalità di ordinazione in ogni punto vendita: si va alla cassa, si sceglie la dimensione della bowl, la base (riso, quinoa, insalata) e quali e quante proteine e extra si vogliono in base della “taglia” prescelta. Niente di particolarmente innovativo o degno di nota se non la certezza di riuscire, con una cifra che non supera i 12,90€, di riuscire a sfamarsi e di non avere brutte sorprese: il riso è riso, il pesce non si fa detestare (soprattutto quello marinato, che vi suggerisco!), l’insieme non potrà mai essere terribile. Di certo rimarrà sempre uguale a se stessa, il che non incentiva mai eccessivamente a farci ritorno.
Responso: 🙂
Altro giro, altra Poke Ball Bowl! Più o meno funziona nello stesso modo descritto sopra se non che ho trovato che gli ingredienti più freschi e saporiti, le quantità a parità di prezzo più abbondanti e un tocco di personalizzazione aggiunta che gli ha valso lo scettro di migliore bowl assaggiata durante la permanenza: la possibilità di decidere se unire il pesce a una marinata tra le numerose presenti, al momento. Tra i toppings presenti anche il cocco rapè, che con il mango è la morte sua, le arachidi e pure i cornflakes, per chi vuole portare la sua bowl a un maggior livello di rischio.
Responso: 😊
Street food (≤ 10€)
Se dovessi eleggere un solo posto vincitore, questo sarebbe senza ombra di dubbio Otto in via Paolo Sarpi. Per parlarne in modo approfondito occorrerebbe un articolo dedicato, ma ci accontenteremo di una versione condensata. Sicuramente una parentesi insolita rispetto alla location in cui si trova, Otto si distingue per il suo essere un locale alla moda e altamente instagrammabile. Non è raro trovarci qualche influencer alle prese con il Brunchotto o giovani che sembrano usciti dalla Fashion Week. Cosa offre di particolare? Dalla colazione, al pranzo, all’aperitivo fino alla cena (ma non andate dopo le 22 se volete mangiare!) tutto in stile -otto: ciò che lo contraddistingue è infatti il quadrotto, un open toast con farcite che cambiano stagionalmente e i suoi taglieri, tra cui non mancano le opzioni vegane e vegetariane, con vari assaggi di piatti caldi, freddi e spreads da spalmare sul loro pane. Dopo aver apprezzato particolarmente il pasto serale, costituito da un tagliere intero solo per me (ma la dose per me si è rivelata assolutamente adeguata) non ho potuto non tornare, questa volta accompagnata, a provare il loro brunch, che consta di un tagliere composto di un quadrotto, un contorno e 3 ciotoline tra scelte dolci e salate. In questo caso il prezzo è di 18€ con acqua e caffè americano illimitati, mentre se si va per uno degli altri pasti il prezzo di partenza dei quadrotti, così come quello dei taglieri, è di 6€ (ma si possono aggiungere extra a pagamento). Interessanti anche i dolci fatti in casa e la selezione di cocktail d’autore, che urge provare al più presto!
Responso: 😀
Un’altra catena piuttosto conosciuta in città, diventata celebre per avere fatto entrare in voga il cappuccino al matcha, che mi aveva colpito particolarmente per i progetti di beneficienza portati avanti, per la sua filosofia “inclusiva” e il suo essere eco-friendly. Ho ordinato il num. 25, con petto di pollo grigliata, provola affumicata, patè di olive nere e pomodoro. Pane – e panino- senza infamia e senza lode, anzi, il petto di pollo era freddo e la temperatura non permetteva di percepire per bene i vari sapori. All’ora di pranzo il locale si riempie e se avete fretta potreste non trovare tavoli liberi, meglio l’asporto. Il costo dei panini va dai 5 ai 7 € per una ciabatta di medie dimensioni.
Responso: 😐G
Su Spontini, celebre catena di pizza al trancio, ho letto i pareri più disparati. Ho subito capito che non esistono mezze misure: o la ami o la odi. Io non sapevo esattamente da che parte mi sarei schierata, da una parte le immagini mi facevano discretamente gola, dall’altra le storie sul sapore di olio così persistente da sembrare fritta mi avevano disilluso. Quando l’opinione pubblica si divide così tanto l’unica cosa che si possa fare è testare con mano. Con mio grande stupore la prima esperienza mi ha lasciata esattamente neutrale. Pertanto, ho creduto di aver sbagliato qualcosa. Tutti gli indizi portavano alle acciughe. Sì, amici, ho fallato. Il loro sapore era abbastanza preponderante e non mi ha dato modo di capire se il resto (farina, mozzarella, salsa) non lo sentivo bene perchè di bassa qualità o estremamente raffinato o perchè coperto dalla salinità acciughina. Mi limiterò a dire che la focacciosità dell’impasto (purché indigeribile), mi ha lasciata soddisfatta. Per il resto non posso fare altro che tornare.
Responso: sospeso
Promosso a pieni voti il toast da Bello Tosto, certo non il più economico (può arrivare anche a costare 9€) ma è anche vero che le dimensioni delle fette sono raddoppiate rispetto a un classico pane in cassetta. Le farciture sono davvero tante e alcune anche piuttosto originali e c’è la possibilità di scegliere il tipo di pane tra classico, integrale e ai cereali, tutti “XXL”. Per questa volta sono andata sul vegan optando per un Taranta Veg a base di humus di ceci, verdure grigliate e pesto di pistacchio, in cui riuscivo a distinguere tutti i singoli ingredienti. In caso vi troviate nei pressi del duomo e dobbiate consumare il pasto “on the go” o velocemente, Bello Tosto è una valida soluzione.
Responso: 😊
Se non ci avessero portato in uscita didattica con il master, probabilmente qua non mi sarebbe venuto in mente di fermarmici. Mimì infatti è un chiosco situato in un piazzale proprio sul ciglio della strada e a prima vista può sembrare un po’ una di quelle tavole calde che ospita i manovali per l’ora di pranzo offrendo menù fisso a buon prezzo, magari ricorrendo a piatti pronti riscaldati. Le tovagliette di carta, i piatti e i bicchieri di plastica (sob) non aiutano a cambiare idea. Ma a quanto sembrava, provare il loro panzerotto al tartufo era un must. Perchè sulla qualità dei prodotti usati, non c’è niente da ridire. I tartufi e i prodotti derivati usati per le loro preparazioni possono essere acquistati nello shop a fianco, dove sarete accolti dall’intenso aroma del pregiato fungo. Il panzerotto è ben fritto e asciutto (più della pizza di Spontini :’D), mozzarella saporita e presente in abbondanza, è stata goduria a primo morso. Buono anche il classico pomodoro e mozzarella. Pare che ci si mangi bene anche il pesce. Sperando che si attrezzino su materiali alternativi alla plastica, tornerei per un altro panzerotto.
Responso: 🙂
Male male invece per il panzerotto di Senatore. Da brava bastian contrario, quando i più ti suggeriscono Luini tu cosa fai? Non ascolti e fai di testa tua.Pensando che il più inflazionato non fosse necessariamente il più buono ho deciso di dare una possibilità a questo panzerottaio nei pressi del Duomo, attirata dall’utilizzo di farine e semole italiane artigianali e ingredienti biologici o presidio slow food. Infondo è colpa mia, come potevo pensare che un panzerotto non fritto fosse chissà quanto godibile? Anche il ripieno non mi ha soddisfatto, né per quantità che per sapore poco percepibile (ma forse per l’eccessivo spessore della pasta). Insomma, delusione un po’ su tutti i fronti fuorché per le polpette di pane che però sono un altro alimento.
Responso: ☹️
Anche questa tappa ha fatto parte dell’uscita didattica organizzata dall’ente del corso, tutta dedicata allo Street food (anche se poi ci siamo allargati anche a pasticcerie), nello specifico quello tutto orientale ospitato dalla via principale della China Town meneghina, Via Paolo Sarpi. Diverse sono le offerte di cibo da strada Cinese che però si allontana dall’immaginario comune di cucine poco pulite e ingredienti di dubbia provenienza: qui è tutto a vista e l’attenzione alla scelta della materia prima è messa in mostra con orgoglio. Farine biologiche, carne di manzo allevato al pascolo, uova da galline allevate all’aperto sono gli ingredienti usati nelle loro ricette. Noi abbiamo preso alcuni assaggi di cui pochi sono stati quelli vegetariani che ho potuto assaggiare ma i ravioli al vapore di verdura hanno conquistato anche le carnivore che li hanno assaggiati, anzi, a detta loro il ripieno era meno “staccato” dalla pasta che lo avvolgeva, apparentemente nota di demerito. Io non ho potuto fare confronti, ma mi sono limitata ad apprezzare molto. Tra le specialità anche la crepe a base di uova ripiena di carne o verdure, che purtroppo nonno potuto assaggiare perché a tradimento sono state ordinate solo crepès non vegetariane.
Responso: 🙂
Arrivati a questo punto penso che sia chiaro come io abbia un debole per tutto ciò che è penoso, imbottito, e si mangi addentandolo. Sono sincera, il mio programma era quello di mangiare da Slow Sud, il ristorante che fiancheggia la sua versione più di strada ma non meno terrona. Ma era sabato, erano le una, e caso ha voluto che non ci fosse neanche un posto per una persona. Poco male, non mi è dispiaciuto mangiare l’ennesimo panino, anche perchè gli ingredienti e la fantasia con cui erano scelti e accostati mi aveva già fatto rimanere incollata al menù fuori esposto (come potete constatare voi stessi, sono tutti invitantissimi!). Ho scelto quello con zucca, zucchine, pesto di noci, spinaci, e caprino. Il panino era ENORME, il pane artigianale e bello sostanzioso, la zucca marinata molto saporita. Ho trovato il pesto di noci poco presente (ne sentivo più l’olio con cui sicuramente era amalgamato) ma nel complesso si è fatto mangiare più che volentieri. Conto di poter scrivere due righe anche sul ristorante a breve!
Responso: 🙂
Pasticcerie & Gelaterie
Avevo già provato Ciacco qualche anno fa e ne ho ero rimasta piacevolmente sorpresa. Ingredienti super naturali e una vastità di gusti vegani vista poche volte in passato. Neanche questa volta ha deluso. Da Ciacco troverete i gusti più classici ma anche sperimentazioni più ardite come gusti alla camomilla, allo stracchino, parmigiano e salvia. Non che abbia problemi ad assaggiare il rischio ma avevo voglia di sapori un po’ più certi e mi sono lanciata la prima volta su zucca & strudel, la seconda su pistacchio e quasi-cheesecake. Se nessuno mi ha deluso, una menzione di onore va sicuramente sulla zucca (sembrava davvero di mangiarla a fette) e lo strudel, in cui il sapore di mela era molto deciso e la presenza dei pezzetti di sfoglia rendeva tutto più realistico. Che dire, posso non tornare per giocarmi il tutto per tutto con il gusto tortello?
Responso: 😀
Artico mi era stato suggerito su instagram ed essendo anche questo vicino al Duomo e quindi a portata di mano ho pensato di farci uno stop per una merenda post lezione. Purtroppo l’ho trovato deludente su diversi fronti: accoglienza fredda a tratti quasi infastidita (e già sto per mangiare un gelato a Dicembre, un po’ di calore umano ce lo vogliamo mettere??), gusti dalla scarsa riconoscibilità. Una castagna in cui la castagna si sentiva molto poco (risultando solo tanto dolce) e un pistacchio salato eccessivamente salato. Leggermente meglio i due che ho chiesto di poter assaggiare e che poi non ho preso, zucca e amaretti (anche se potendola confrontare con quella di Ciacco, mi sento di marcare una distanza non indifferente tra i due livelli di zuccosità), e mascarpone variegato al pistacchio, anche se credo che a lungo andare sarebbero risultati stucchevoli.
Responso: 🙁
Locata in Via Volta, nei pressi anch’essa di Paolo Sarpi, Eutopia è un laboratorio artigianale indipendente che si diletta nella sperimentazione di dolci e prodotti da forno senza zucchero (saccarosio) e con dolcificanti alternativi, farine biologiche non raffinate e ingredienti di prima scelta. Definita la prima pasticceria interamente senza zucchero di Milano, Eutopia utilizza piuttosto sciroppo d’acero, malto di riso, di orzo e così via. Abbiamo provato diverse monoporzioni: Demetra al cioccolato, Varanasi con crema pasticciera allo zafferano e boccioli di rosa, Papasi ai lamponi e Sazuki con crema di azuki al cacao. Un palato avvezzo ai sapori della pasticceria tradizionale si renderà conto che c’è qualcosa di diverso e probabilmente troverà dolci un po’ poco dolci: percepibile è infatti la rusticità delle farine integrali, delle note caramellate o floreali dei malti, apprezzabili forse solo da chi è già abituato a questo tipo di sapori, ma a cui non è mai troppo tardi permettere di farsi piacere. Notevoli i risultati raggiunti attraverso la ricerca e la selezione di materie prime rispettose dell’etica e della salute. Da provare assolutamente la Sazuki, la mousse al cioccolato e fagioli farà crollare ogni vostra difesa!
Responso: 😊
Altre cucine
Cirispaccio, ovvero un angolo di Napoli a Milano gestito da un napoletano verace. Dimenticatevi i fronzoli e le formalità, qui si viene per mangiare, bene e abbondantemente. Il locale e il servizio sono spartani, tutto avviene in modo così veloce che quasi non ti accorgi che al tavolo sono arrivati i piatti… e pure che sono già finiti. Anche qua, essendo andati in gruppo abbiamo avuto la possibilità di assaggiare più preparazioni, tra cui ha spiccato la sorrentina, ricca nel condimento ma non eccessivamente pesante e carica. Ottimi i taralli napoletani alle mandorle (con la sugna, tho) e le mozzarelle di bufala, saporitissime nonostante la taglia mini. Anche questo non è un posto che probabilmente avrei scelto per distanza dalle mie abitudini (e perchè forse avrei aspettato di essere a Napoli per provare cucina tipica) ma dove ho indubbiamente mangiato bene e dove posso dire di aver assaggiato un po’ di quell’atmosfera folcloristica.
Responso: 🙂